martedì 19 luglio 2011
NON E' UN POST ALLEGRO.
Fermata della 92, pomeriggio ventilato, tutto sommato piacevole. Assaporo il fatto che tra poco vado a prendere la pupa, magari facciamo due salti al giardino della Madia, magari a mangiarci un ghiacciolo prima di cena (madre degenere). Sotto la pensilina si avvicina una donna di mezza età che spinge un passeggino. Di quelli per bimbi disabili. C'è un bambino, avrà forse 2 anni e mezzo, seduto compostamente che si osserva le manine. Ha il cranio molto grande, le gambe che non hanno mai camminato...Mi sorride e rispondo al sorriso, ma non dico niente perché (siamo tutti un po' stronzi) temo che non possa rispondere in alcun modo...Gli occhi, gli occhi scuri, grandi, pieni di mondo...Si tocca il petto e dice "Nnnnannnn! Uuuu?"; ho una specie di intuito, e dico: "Io mi chiamo Sarah!" e lui ride, di una risata da adulto che mi inquieta molto, con una voce "da grande". Ha lo sguardo di chi ha visto nel buio quello che c'è dentro, eppure limpido e lucido, molto più consapevole di uno sguardo da duenne. I movimenti delle mani sanno di riabilitazione, forse da che è nato. Sua madre (immaginavo lo fosse, per gli occhi cerchiati di fatica e amore puro) deve avere visto questa scena migliaia di volte, mi guarda e sorride. "Ha 12 anni" dice. Io rimango come pietrificata. "Il suo corpo non gli permette di comunicare". Io dico "Non ho compreso il suo nome..." me lo dice. Sorride di nuovo: in questi 30 secondi c'è stato un grande comunicare fatto di sorrisi. "Lei ha figli?" mi chiede. "Sì, una bimba di 1 anno" e lei annuisce come se lo sapesse: "Sa, questo è l'inferno, ma peggio perché non sei tu a bruciare. Io non so se l'anno prossimo saremo ancora qui, se vedremo un'altro Natale..." ne parla come se dovessero morire entrambi, in un certo senso forse è così. Non dico "mi dispiace", non dico niente, perché non c'è proprio niente da dire; la guardo e guardo lui, quel piccolo uomo che sa della vita, e gli faccio una carezza e lo saluto. Torno alla mia quotidianità con il cuore pesante, e non penso che io sono fortunata: penso che la vita a volte è una vera merda.