giovedì 23 aprile 2020

HOME STRANGE HOME

Avevo pensato di mollare il blog, in primis perché io stessa difficilmente leggo blog oramai. Siamo nell'era dell'informazione rapida, degli Instagram, dei tik tok...Qualunque cosa ciò significhi. 
Devo però documentarlo questo periodo, questa situazione che avevo immaginato sì nei miei mentali scenari apocalittici, io poi sono una fan del post apocalittico alla mad max, ma declinata in questo modo non me la sarei proprio aspettata. 
I bambini sono a casa dall'ultima settimana di Febbraio. Per Carnevale siamo andati a fare un weekend lungo all'Aprica, con addosso un vago senso di disagio per quanto stava capitando a Codogno, ma non con la precisa sensazione di quello che ci si prospettava davanti; eravamo già prudenti, già un po' ci distanziavamo, ma non siamo usciti dai ristoranti perché troppo pieni. Del resto, le informazioni dai media erano, e sono, confuse, altalenanti, e piene di approssimazione. I media che anticipano i decreti, che diffondono fake news quanto i complottisti dell'ultima alba su Facebook...Di tutto ciò, spero, in futuro qualcuno risponderà. Della infodemia che ha accompagnato questa pandemia, dico.
Mi limito a riportare ora i fatti della mia famiglia.
 Il lunedì siamo a casa. Ivan lavora in smart working già da una settimana, io continuo ad andare in ufficio. I bambini vivono una sorta di eccitazione vacanziera. Hanno attività da fare, ma sono ancora poco strutturate, le scuole non sono ancora organizzate. Io esco di casa e faccio i miei giri a piedi vedendo sempre meno gente recarsi negli uffici. Faccio colazione e pranzo in bar con a terra le strisce gialle e nere che distanziano le persone. Penso vagamente di organizzarmi per portarmi sempre il pranzo in ufficio, ma anche lo stare in ufficio dove qualcuno viene con mascherina e guanti, mi crea disagio. I bambini li ritrovo la sera eccitati e annoiati allo stesso tempo. Un paio di giorni vanno ancora dai miei, poi decidiamo di chiuderci nel nostro nucleo familiare per il bene e la salute di tutti. Ivan li porta al parco in bici, stando lontano da tutti per un giretto in pausa pranzo. 
Il lunedì 9 marzo si prospetta la chiusura della Lombardia, non ricordo se già è il giorno del lockdown, sta di fatto che il martedì sono ufficialmente in smart working anche io e siamo reclusi. Oddio, per qualche giorno usciamo coi bambini (sempre isolati, sempre in bici), poi smettiamo. 
È da quel momento che si instaura una routine casalinga senza precedenti (e in tutta onestà spero rimanga unica).  Simona inizia gradualmente le lezioni online, iniziano le assegnazioni di compiti. Alessandro ha la settimana ben organizzata con tutti i compiti da fare ogni giorno. Questo cuba qualche ora, ma di fatto c'è un oceano di tempo perso e due genitori che stanno lavorando full time a ritmi serrati, e allora i bambini imparano.
Imparano ad utilizzare in autonomia i dispositivi: noi siamo sempre stati refrattari all'uso da parte loro di tablet e smartphone, pur essendo entrambi due genitori "tecnologici", pensavamo ci sarebbe stato tutto il tempo crescendo. Beh, ci sbagliavamo, servivano subito ed entrambi hanno imparato. A condividere files, a loggarsi, ad avviare una videoconferenza, a scaricare materiale e cercarlo con google, a mettere il muto al microfono quando parlano gli altri, ad utilizzare la tastiera e scrivere i compiti su word.
Imparano a mettersi a posto i vestiti nell'armadio, a farsi il letto (che io poi dopo poco rifaccio), a scendere da soli in cortile (sono gli unici utilizzatori, in quanto unici bambini del palazzo) e, nel caso di Simona, di utilizzare la chiave per andare a buttare la spazzatura. Li stiamo schiavizzando? Non so, forse, ma qualche risultato in termini di autonomia (che devo dire non è che mancasse prima) lo hanno ottenuto.
Quindi che fanno ora i bambini in casa durante la settimana? Doccia, colazione, vestiti, compiti e videolezioni, pranzo, cortile con bici o palla (se è bel tempo), compiti, lettura, gioco,  urla, litigi, io che li metto in riga tra una call e l'altra, ivan che li mette in riga durante una call, fino a sera. Tutto così.
Io ad un certo punto stacco e spengo il pc, e allora "possiamo guardare la tv?" Un'oretta di tv, io spengo il cervello per un po', perché sono sfinita: lavorare mentre qualcuno chiama mamma, o "si è spento il tablet" o "mi sono fatto male", o ancora meglio: "mamma, ti ho spento il computer perché non lo stavi usando" con un sorriso pieno di premure, mentre sei in bagno e sotto stai lanciando una query su un database che è piuttosto pesante, impegna in doppio della mente. 
E poi si prepara la cena e si rassetta la casa (che ormai brilla, visto che oltre cucinare puoi giusto pulire e riordinare casa)
Alle 8.30, 9.00 i bambini vanno a letto. Io leggo un po', Ivan guarda qualche cosa in tv, ma siamo entrambi due fantocci stanchi, senza voglia di fare nulla.
Ma va meglio. Alla lunga le persone si adattano, e i bambini anche. 
Il weekend ci concentriamo su di loro: caccia al tesoro in casa, fare un dolce tutti insieme, assecondare i loro gusti. Domani sera mettiamo la tenda della decathlon in salotto e dormiranno "in campeggio"; di solito durante il weekend vediamo un film che scelgono loro e possono stare alzati fino a tardi (per loro tardi è comunque massimo alle 10, perché poi crollano). Cerchiamo di dare una routine "come prima", e non è facile e non è nemmeno paragonabile. 
Ma va meglio.
Abbiamo spiegato loro tutto di questo periodo, abbiamo detto che finora siamo stati fortunati perché nessuno dei nostri cari si è ammalato, abbiamo assecondato le loro malinconie da mancanza di socializzazione. Abbiamo fatto videochiamate coi nonni..."Ma quando ci andiamo dai nonni? Ma quando posso vedere i miei amici? Ma quando...?" Hanno necessità di vedere una fine che noi non possiamo prevedere. Possiamo solo dire loro la verità, cioè che non lo sappiamo, ma possiamo essere un appoggio emotivo se noi stessi non ci facciamo sopraffare dal senso di incertezza. I bambini vivono molto più il presente, ma il presente è sempre uguale, senza sport organizzato (anche se fai fare ginnastica in casa) senza amici e compagni.

Io ho passato le prime settimane provando un dolore incredibile per la conta dei morti snocciolata ogni sera, una sorta di pianto non sfogato dentro al petto.
Poi è subentrato il senso del reagire, e la voglia di contribuire a dare una linea a questa famiglia meravigliosa (per me, chiaramente), che riusciva ad esserci senza troppo litigi o problemi, perché ognuno fa il suo. 

Sapete qual è il mio motto ultimamente? "Tutto pesa troppo, se non lo sai pesare"

Coraggio.
Alla prossima...Chissà.