venerdì 17 gennaio 2014

L'IMPORTANZA DEI NONNI

Oggi mi sono ricordata che mia nonna Albina ci faceva divertire incendiando la carta delle arance e facendola volare. Mi ricordo che ci portava al mercato e talvolta prendeva delle caramelle ripiene di liquirizia che mi piacevano tanto, oppure dal droghiere prendeva un pezzo di pancetta tesa e delle rosette con cui fare panini a merenda. Quando ero più piccola e mia sorella forse non se lo ricorda o non era ancora nata, prendeva le anguille vive dal pescivendolo e mi ci faceva giocare. 
Mi devo concentrare sui bei ricordi perché mia nonna materna è stata un incubo in terra e, nel mio caso, una ossessione. Me la sogno ancora viva e nel sogno lei ha sempre l'Alzheimer e si fa la pipì addosso e per qualche motivo ogni volta diverso io sono ancora una giovane donna che vive coi propri genitori e lei è tornata dall'istituto e dormirà ancora nella stanza accanto gridando e alzandosi un sacco di volte di notte confusa. Dicono che sono i sogni dei reduci questi, o di chi ha accudito un malato grave per molti anni. Io non l'ho accudita, ma quando ci vivi a contatto così stretto forse è inevitabile. 

Mia nonna paterna la conoscevo meno. Era di personalità ruvida e aveva i tratti matronali delle donne del sud. Mi chiamava per nome con una inflessione d'accento irripetibile che mi faceva sorridere. Lei è stata l'unica persona cui ho detto addio davvero. Due giorni prima che morisse sono stata nella terapia intensiva in cui era ricoverata. Aveva l'ossigeno,  parlava a fatica e lo sguardo di chi sta già guardando oltre. Ha sorriso e mi ha detto che il suo vicino di letto non si era mai svegliato che si sentiva molto stanca e dolorante...devo averle detto le solite frasi che si dicono in questi casi "dai che ti rimetterai presto" o una analoga. Lei mi ha guardato negli occhi con una lucidità spaventosa e mi ha detto con voce ferma "Sarah ma tu pensi che sia vita questa qui?!" E io le ho risposto. Le ho detto: no, per me non lo è; secondo me è vita finché uno trova le ragioni per lottare,  quando queste vengono a mancare val la pena chiudere gli occhi.
Ci siamo salutate.

Dei miei nonni ricordo soprattutto i sorrisi. Di mio nonno materno solo quello perché è morto quando avevo sei anni. Mio nonno Nino lo ricorderò sempre in canottiera bianca e pantaloni cachi che si guardava la cavalleria rusticana in tv. Ricordo i canarini e le partite a settemmezzo a natale. Ricordo che finché anche la sua testa non è naufragata, ci ha sempre difeso.
Tutti e quattro li ricordo nei loro feretri e nessuno dei miei figli ha potuto conoscerli.  Non ho potuto nemmeno far vedere loro quello che sono diventata...
Io non so se i nonni sono fonte di saggezza. ..secondo me dipende dal singolo. Sono sicuramente fonte di storie legate a un passato lontano che ricordo con curiosa precisione... Io a 35 anni posso dire serenamente che nessuno dei miei nonni era una persona facile.  Forse nemmeno mio nonno materno,  in gioventù incline alle risse e dallo spirito "ribelle" (almeno questo mi raccontava mia nonna). Alcuni aspetti del loro carattere li ho capiti molti anni dopo. Mia nonna paterna è dovuta crescere sposandosi (a 14 anni...sì, non c'era Violetta allora) e forse certi aspetti spigolosi o amari della vita ha dovuto impararli molto in fretta. Ho sempre pensato che lei e mio nonno avessero stabilito una sorta di equilibrio se non proprio di amore. Quando poi sono stata adulta e ho capito diverse cose, mi sono resa conto che non mi ero poi sbagliata.
Tutti questo per dire cosa? Che credo che i miei bambini debbano crearsi un pacchetto di ricordi piacevoli coi propri nonni, perché non resti nel futuro di loro solo l'immagine di quando saranno troppo vecchi per giocare. Non potrò dir loro come sono fatti, perché un figlio ha una visione ben distinta di un nipote. Ma sapranno loro arricchirsi, visto che sono abbastanza fortunati da poterlo fare.