giovedì 2 aprile 2015

LE COSE CHE TI STROZZANO IL CUORE

Dieci giorni fa ero in una camera ardente e guardavo per l'ultima volta il viso di una persona che è stata al centro della mia vita di bambina quasi quanto i miei genitori. Il viso era sereno dopo tanta sofferenza che lo aveva spossato e, negli ultimi tempi, confuso e incattivito.
Non ho praticamente pianto, non l'ho ancora fatto e non credo che lo farò. E' come se si fosse rotto qualcosa dentro, è difficile spiegarlo; sono convinta di aver capito veramente cosa significa avere un groppo in gola, qualcosa che non scende non sale, non fa un cazzo di niente. Sta lì. 
Si soffre per la perdita di una persona cara, ma qui c'è qualcos'altro. C'è il dolore del consumarsi di una persona che ha dato tanto, e si è trovata alla fine a trascinarsi tra dialisi e ospedali. Quella stessa persona che ha portato me e i miei fratelli dappertutto. Non aveva un carattere facile, non era particolarmente affettuoso o empatico. Questo rendeva le sue manifestazioni di gioia davvero genuine e soprendenti (almeno ai miei occhi).

Il primo corpo l'ho visto a 6 anni. Non lo dimenticherò mai, era mio nonno materno. Mio padre mi aveva sollevato per vederlo nel suo feretro. E avevo capito la morte, l'avevo compresa ma, come capita ai bambini di quella età, l'avevo accettata più o meno serenamente, perché la mia vita andava avanti. Allo stesso modo ho detto a Simona che era morto, e lei ha chiesto quando sarebbe andato in cielo, se si dovevano aspettare dei giorni e nel frattempo dove lo avremmo messo. Poi è passata oltre: è andata avanti; la sua percezione del "mai più" è mediata dal senso di infinito che ha nei confronti della sua stessa vita.
Io invece...Una cosa l'ho capita: il cuore non si spezza, si strozza.

Alla prossima.