lunedì 28 aprile 2014

SONO PRONTA: PARTO, PARTO...MA 'NDO VAI?! (PARTO TWO)

Forse me lo sentivo, qualcosa dentro di me da po' di tempo stava per scadere. Come una mozzarella, uno yogurt,  non so...
Il venerdì precedente avevo avuto il primo controllo in patologia della gravidanza. Il medico mi aveva anche prospettato di arrivare alla quarantesima settimana: i valori pressori e degli esami ematochimici erano buoni. Ero uscita dall'ambulatorio piuttosto felice e soddisfatta, pensando che forse non sarebbe andata come per Simona, dopotutto. Il venerdì successivo la mattina la mia pressione era 125/80, mi sentivo bene, Simona era a casa...Non ricordo se per uno sciopero o cosa. Avrei passato la giornata con lei, avremmo giocato tranquillamente e avremmo atteso il ritorno di Ivan.  Poi qualcosa cambia. 
All'improvviso mi sento strana, confusa. Vedo mia figlia che mi guarda perplessa e spaventata (questa cosa, il fatto che lei si sia spaventata per me, ancora non mi fa dormire la notte).  Ho una incontrollabile voglia di piangere, mi sento improvvisamente sull'orlo di una crisi isterica senza motivo, e inizio a sentire nettamente le extrasistole ad ogni passo. Mi sdraio e mi misuro la pressione a intervalli di 10 minuti, come mi avevano detto di fare. Non scende. 195/135. Chiamo Ivan,  chiamo i miei perché si tengano Simona...mentre aspetto che Ivan rientri dall'ufficio penso che se mi sta succedendo qualcosa di grave forse sto vedendo Simona per l'ultima volta. E la abbraccio e non riesco a smettere di piangere. Dovete capire che ero confusa...nei momenti di lucidità riesco a radunare la borsa per l'ospedale e pensare che Alessandro si sta muovendo continuamente quindi forse lui sta bene,  ma io no. Simona ha paura e io sono sua madre devo riprendere il controllo. Mi impongo di rimanere sdraiata e parlarle. Lei vede la macchinetta della pressione. Ho disattivato l'allarme perché suona in continuazione. Arriva Ivan e saliamo in auto.
Non ricordo molto del viaggio. Saluto Simona e poi mi trovo all'accettazione di Niguarda. 
Subito in ostetricia. Mi attaccano il tocografo e sento che il cuoricino di Alessandro batte bello vivace.  Ma la mia pressione è uno schifo: 236/126. Sono subito in sala parto.
Mi mettono nella stanzetta di terapia intensiva del blocco parto. Ivan è fuori a prendere la borsa e improvvisamente si fanno tutti molto solerti.  Flebo di solfato di magnesio, monitor al cuore, saturimetro,  bracciale per la pressione, catetere. Vedo spuntare una infermiera con le calze bianche antitrombo: "mi fate il cesareo?" Chiedo a quello che credo sia il medico di turno.  C'è tanta gente intorno e si palesa l'anestesista a farmi diverse domande. Non mi rispondono, ma io faccio due più due.  Mi preparo mentalmente a quella che potrebbe essere la notte in cui nasce il mio bambino: cerco di mantenermi di buon umore anche se so che a 34+5 vedrò un pulcino più che un neonato. 

Nel frattempo a Ivan hanno detto che se la pressione non fosse scesa col solfato,  avrebbero tentato un'altra strada terapeutica ma se anche quella fosse stata poco efficace dopo due ore mi avrebbero praticato il taglio cesareo. A me non dicono nulla, scherzo con le ostetriche,  alcune di loro le conosco già dal parto di Simona. E la pressione scende. 

Da quel momento vengo monitorata ogni ora per 72 ore, non posso muovermi,  ho il catetere. Nessuno può entrare eccetto mio marito, che viene a trovarmi, ma nel frattempo c'è una camera da imbiancare perché a breve verranno i mobilieri con la cameretta nuova dei miei due figli, uno dei quali non ha ancora visto la luce.
Il mondo esterno mi è estraneo perché continuo a pensare a Simona. A sperare che non si sia spaventata troppo, che stia bene dai nonni che non si preoccupi per me. A sperare di rivederla presto...
Nel frattempo sento partorire non so quante donne, alcune delle quali con urla disumane. Sento un neopadre litigare col ginecologo urlando a gran voce, sento di situazioni concitate...e io sono lì nella mia stanzetta con pompa di infusione e fili attaccati e il maledetto catetere. Ogni ora una infermiera o ostetrica mi prende i parametri,  e misura quanta urina io faccia...penso "cavoli!  Sarà meglio darsi da fare con questa pipì" in un delirio di stanchezza e debolezza. Non dormo perché ogni minuto c'è una donna che urla e ogni ora una infermiera che mi misura la pressione. 
Si palesa in me l'idea che mi terranno allettata in questo modo fino alla 37 settimana quando partorirò.  Penso che non vedrò i miei e mia figlia per due settimane, e mi invento di farmi un video da mandarle. Magari mentre mi faccio il tracciato di Alessandro...Ma non ce n'è bisogno: la notte tra sabato e domenica ho tachicardie frequenti e la domenica vengono a comunicarmi che intendono farmi partorire.  Inutile aspettare: il bimbo starà bene, magari qualche giorno di incubatrice o di Tin,  ma nulla di preoccupante.  Cercheranno di indurre il travaglio, per evitare il cesareo. Questo perché fa meglio al bambino.
Il dottore che mi parla di questo mi tiene la mano. Io dico "ok sono d'accordo"...capitemi: tre giorni così mi erano sembrati 3 anni, e non volevo rischiare. Continuavo a pensare "se diventa eclampsia....se diventa eclampsia..." come un mantra. Se diventa eclampsia possono sussistere danni permanenti a reni e fegato. E che mamma sarei potuta diventare se avessi avuto gravi conseguenze fisiche?
Quindi mi mettono la fascetta di prostaglandine. Vado avanti per due giorni perché la prima fascetta era messa male, ho qualche contrazione la prima notte ma niente di che, il mattino dopo stavo benissimo. Me la tolgono e me ne mettono un'altra. Io ricordavo che con Simona me l'aveva messa la ginecologa con lo speculum, qui per due volte me la inserisce un'ostetrica con la mano. Infatti non sento nulla.
La sera il ginecologo mi visita: niente di niente, ma la fascetta è ben lontana dall'essere posizionata bene. Usa lo speculum e una pinza.
Ci siamo. 
Le contrazioni partono a razzo, io inizio a camminare in corridoio con tutti i miei orpelli attaccati. È il secondo travaglio che affronto, e so di essere "una veloce"...chiamo Ivan che viene subito.  
Mi faccio massaggiare la schiena da lui, ho contrazioni ogni 3 4 minuti ormai. Passa l'ostetrica che mi visita: 2cm ma collo alto ancora.  
Poi succede l'inverosimile. Dopo meno di 5 minuti arriva una ostetrica che mi dice:
"Sarah (ti chiamano tutti per nome mentre stai per partorire) cambiamo sala parto. Ce la fai a camminare fino lì?" 'Lì' è a 10 metri da dove sono in quel momento,  nessun problema e mi alzo.  Arrivata nella nuova sala parto (10 metri, 20 secondi di camminata), sento l'utero contrarsi per le spinte. "Devo spingere!" L'ostetrica più anziana dice "ma ti abbiamo visitata due minuti fa!" "Sono le spinte!" Insisto.  Più tardi quella stessa ostetrica mi ha detto che alla fine mi ha visitata una seconda volta per scrupolo e perché ero al secondo parto.
Menomale,  perché sono dilatata di 6.
Mi dicono di non spingere assolutamente. Ne arriva un'altra e non passa, non smette. Io inizio a respirare affannosamente perché il mio corpo stava dicendo di espellere il mio bambino ma non ero ancora pronta. È una sensazione orribile perché quando inizia la fase espulsiva,  spingere dà sollievo. E io devo trattenere. Il dottore mi da un miorilassante per endovena, mentre continuo a sbuffare come una locomotiva.  L'utero si rilassa ma ho una tremenda pressione al basso ventre. È il sacco amniotico, ancora intatto. Mi immagino un palloncino strapieno d'acqua spinto attraverso un tubo stretto, e non devo essere andata molto lontana perché dopo poco il sacco esplode letteralmente, inondando la sala parto con un getto...credo sia una di quelle cose comicamente trash, vista da fuori...chiedo se ho beccato qualcuno, ma per fortuna l'ostetrica si è spostata per tempo. Ho un attimo di sollievo ma brevissimo perché ora riprende tutto velocemente. Ora non posso più trattenere e dopo pochi minuti e senza alcuna spinta esce la testa. Chiedo se devo spingere per far uscire le spalle e mi viene detto di fare quello che mi sento.  Così lo faccio uscire con un'unica breve spinta. Non sta piangendo e chiedo se sta bene. Ivan mi rassicura. Gli daranno un apgar di 9 e dopo 5 minuti di 10: sta benissimo...dopo poco me lo portano e me lo lasciano sul petto per un'ora perché si scaldi.  Lo trovo bellissimo, caldo e dolce. Lo accarezzo e non mi par vero che sia qui con me. Ha delle manine perfette, respira sul mio petto e, come la prima volta, c'è un momento in cui ci guardiamo negli occhi come per stabilire il primo imprinting.  E anche questa volta, il momento subito dopo il parto è il sollievo fisico più grande che ci sia: sento che potrei stare così per ore, potrei addormentarmi con lui che esplora la mia pelle con le piccole mani...Forse per capire chi diavolo l'ha disturbato, visto che nell'utero stava benissimo.

È così che è andata. Mi sono spaventata, sono stata male ma ho avuto la mia alba migliore. È stato un parto anomalo, precipitoso,  e le ostetriche il mattino dopo ne parlavano. Alessandro non è stato in incubatrice,  né in terapia intensiva. Si è fatto 2 ore di culletta termica poi me lo hanno portato.  Era il più piccolo e tenace del nido con i suoi 2 chili e 380. Lo chiamavano polletto, navigava nelle tutine 0 mesi ma stava stretto nelle tutine dei prematuri. Un classico late preterm. 

Ho aspettato a raccontare, perché dovevo elaborare alcune cose. Perché è stato tutto meraviglioso e orribile allo stesso tempo ed ora che nella mia mente la sequenza temporale si fa un po' confusa, ho sentito l'esigenza di mettere nero su bianco. 
Spero di non avervi annoiati...Alla prossima!